mercoledì 30 novembre 2011

Il mio gorgonzola

  
Il mio gorgonzola
La cremosità del mio gorgonzola
Da quando mi sono scoperto caseificatore nato, ho cominciato a proporre a me stesso nuove ed entusiasmanti sfide, per capire dove si collocassero i miei limiti caseari. Nei primi tempi, quando avevo scoperto che coccolando a dovere un po' di latte scaduto tenendolo al calduccio e mescolandoci qualche goccia di caglio riuscivo con facilità ad ottenere qualcosa di molto simile ad un giovane formaggio,  avevo potuto facilmente presupporre che i miei limiti nell'arte casearia fossero davvero ad un passo, laddove essendo sprovvisto di un cascinale di montagna dove far maturare le forme o meglio ancora di una cantinaccia in toscana perduta tra le colline intorno a Pienza, non potessi davvero pretendere chissà cosa dalla formaggificazione domestica con il latte del supermercato. E invece con questo ragionamento mi stavo abbondantemente sottovalutando, e chissà quanti di voi stanno facendo prorpio ora la stessa cosa, commettendo un errore grossolano. Nel lontano passato la materia prima era quella che era, i vecchi pastori si accontentavano di quello che riuscivano a reperire dai propri animali e lavoravano il latte così ottenuto, producendo nonostante tutto degli ottimi formaggi. Noi oggi disponiamo invece di abbondanza di materia prima già bella e pronta, ottima per essere trasformata a dovere, ma siamo davvero dei geni nel raccontare a noi stessi che il latte non è quello genuino appena munto, il caglio non è come quello del vecchio casaro che c'era una volta al paese di mio nonno, bla bla, bla..... La verità è che ci stiamo abbondantemente sottovalutando. Siamo tutti casari, di altissimo livello, basta mettere da parte le scuse inutili e mettersi al lavoro, provare e riprovare, i risultati, preziosissimi, arriveranno di sicuro. E così avendo maturato da tempo questa filosofia una domenica mattina mi svegliai e guardando negli occhi mia moglie le dissi: " voglio fare il gorgonzola...". Mi guardò con disgusto e quel suo sguardo mi caricò ancora di più nella sfida che mi approntavo ad affrontare. Raschiai via un po' di sana muffa da una fetta di gorgonzola acquistata, mescolandola successivamente in un mezzo bicchiere di latte intero stiepidito, poi ricoprii il bicchiere con della pellicola trasparente e misi tutto a riposare per un paio di giorni. La coltura di muffe ebbe la possibilità di svilupparsi a dovere e quel poco di latte, complici i fermenti presenti nei pezzetti di gorgonzola, si coagulò. Si formò un siero denso squisitamente puzzolente. Appena ne ebbi la possibilità lavorai circa quattro litri di latte come sapevo fare solitamente, aggiungendovi però il siero contaminato dalle muffe del gorgonzola. Ruppi poi la cagliata a rombi medi, per ottenere un formaggio che fosse una via di mezzo tra un formaggio fresco e morbido ed uno mediamente stagionato. Dopo un paio di giorni di sgocciolatura la forma assunse un aspetto compatto, allora, come si fa per il gorgonzola, presi uno spiedino di ferro ed infilzai il formaggio in più punti, per favorire lo sviluppo delle muffe al suo interno. Collocai la forma tra due tavolette di legno, quelle usate per la polenta,  e riposi tutto in frigo, previa salatura a secco. Per circa una decina di giorni continuai a salare rivoltando la forma, cominciarono a formarsi le prime muffe e dovetti convincere mia moglie che la strada fosse quella giusta, voleva infatti buttare tutto via per paura che venisse contaminato tutto il cibo presente nel frigo. Ebbi fiducia in me stesso, andai avanti, il miracolo caseario stava per realizzarsi, lentamente, spora dopo spora, il mio formaggio si stava trasformando in gorgonzola! E gorgonzola fu...