Sempre più milanesi si cimentano nell'arte casearia domestica
mercoledì 15 maggio 2013
lunedì 21 gennaio 2013
Il ritorno del casaro
Questa volta proprio non ce l'ho fatta. Avevo appeso le fuscelle al chiodo, messo via lo scolino in ferro, avevo dimenticato nell'angolo più recondito del frigo il caglio. Tutto per evitare di ritrovarmi ancora in piena notte a lavorare la cagliata, mentre la gente della mia età impazza sui social network e ignora che un essere umano possa ottenere partendo dal latte del semplice formaggio. Il casaro che alberga in me non ha potuto più trattenersi e nonostante l'armistizio caseificatore siglato mesi addietro con mia moglie, ho ceduto lasciando il casaro libero di esprimersi come meglio credesse.
"Rivedrò il trattato che prevede il divieto di trasformare la cucina in un'antica cascina intrisa di siero e zuppa di latte, cercherò di raggiungere un accordo di mediazione, formaggio sì ma a patto che poi ripulisca tutto..." questo fu il mio pensiero quando mi ritrovai a raccogliere l'ennesima cagliata e a metterla nelle fuscelle in plastica. La materia prima è derivata dal miscuglio di mezze bottiglie di latte parzialmente scremato e un paio di litri di latte intero, tutto addizionato di panna liquida, per rendere il formaggio ancora più ricco. Il risultato? Ve lo dirò quando avrò assaggiato i formaggi prodotti.
giovedì 6 settembre 2012
Fare il Gorgonzola senza caglio
Il siero ancora congelato |
Il gorgonzola acquistato |
Perché nel latte si è
formata la cagliata senza utilizzare il caglio?
Una cosa deve essere
chiara: il latte intero, se abbandonato in pentola prima o poi
coagula. Questo avviene per opera di batteri che ne determinano
l’acidificazione e separano la cagliata dal siero. Questo fenomeno
si verifica comunque anche senza l’aggiunta del caglio, dell’aceto
o del succo di limone, con tempi e modalità differenti per via di
determinate variabili: temperatura, qualità del latte, presenza o
meno di fermenti lattici vivi, e così via. Nel mio caso l’utilizzo
dello yogurt, del litro di latte con fermenti lattici, del siero da
precedente lavorazione ed infine del siero/latticello derivante dalla
mini-coltura con le muffe del gorgonzola, ha sicuramente determinato
una velocizzazione del processo di acidificazione. Inoltre la
permanenza del latte sui fornelli, a fuoco lento per quindici minuti,
ha determinato la coagulazione del latte e la conseguente separazione
della cagliata dal siero. Mi sento di consigliarvi fortemente la
sperimentazione di questo processo per rendervi totalmente conto di
quanto la formaggificazione casalinga sia davvero alla portata di
tutti, anche di quelli che si vergognano di recarsi in farmacia per
acquistare il caglio.
domenica 2 settembre 2012
mercoledì 30 novembre 2011
Il mio gorgonzola
Da quando mi sono scoperto caseificatore nato, ho cominciato a proporre a me stesso nuove ed entusiasmanti sfide, per capire dove si collocassero i miei limiti caseari. Nei primi tempi, quando avevo scoperto che coccolando a dovere un po' di latte scaduto tenendolo al calduccio e mescolandoci qualche goccia di caglio riuscivo con facilità ad ottenere qualcosa di molto simile ad un giovane formaggio, avevo potuto facilmente presupporre che i miei limiti nell'arte casearia fossero davvero ad un passo, laddove essendo sprovvisto di un cascinale di montagna dove far maturare le forme o meglio ancora di una cantinaccia in toscana perduta tra le colline intorno a Pienza, non potessi davvero pretendere chissà cosa dalla formaggificazione domestica con il latte del supermercato. E invece con questo ragionamento mi stavo abbondantemente sottovalutando, e chissà quanti di voi stanno facendo prorpio ora la stessa cosa, commettendo un errore grossolano. Nel lontano passato la materia prima era quella che era, i vecchi pastori si accontentavano di quello che riuscivano a reperire dai propri animali e lavoravano il latte così ottenuto, producendo nonostante tutto degli ottimi formaggi. Noi oggi disponiamo invece di abbondanza di materia prima già bella e pronta, ottima per essere trasformata a dovere, ma siamo davvero dei geni nel raccontare a noi stessi che il latte non è quello genuino appena munto, il caglio non è come quello del vecchio casaro che c'era una volta al paese di mio nonno, bla bla, bla..... La verità è che ci stiamo abbondantemente sottovalutando. Siamo tutti casari, di altissimo livello, basta mettere da parte le scuse inutili e mettersi al lavoro, provare e riprovare, i risultati, preziosissimi, arriveranno di sicuro. E così avendo maturato da tempo questa filosofia una domenica mattina mi svegliai e guardando negli occhi mia moglie le dissi: " voglio fare il gorgonzola...". Mi guardò con disgusto e quel suo sguardo mi caricò ancora di più nella sfida che mi approntavo ad affrontare. Raschiai via un po' di sana muffa da una fetta di gorgonzola acquistata, mescolandola successivamente in un mezzo bicchiere di latte intero stiepidito, poi ricoprii il bicchiere con della pellicola trasparente e misi tutto a riposare per un paio di giorni. La coltura di muffe ebbe la possibilità di svilupparsi a dovere e quel poco di latte, complici i fermenti presenti nei pezzetti di gorgonzola, si coagulò. Si formò un siero denso squisitamente puzzolente. Appena ne ebbi la possibilità lavorai circa quattro litri di latte come sapevo fare solitamente, aggiungendovi però il siero contaminato dalle muffe del gorgonzola. Ruppi poi la cagliata a rombi medi, per ottenere un formaggio che fosse una via di mezzo tra un formaggio fresco e morbido ed uno mediamente stagionato. Dopo un paio di giorni di sgocciolatura la forma assunse un aspetto compatto, allora, come si fa per il gorgonzola, presi uno spiedino di ferro ed infilzai il formaggio in più punti, per favorire lo sviluppo delle muffe al suo interno. Collocai la forma tra due tavolette di legno, quelle usate per la polenta, e riposi tutto in frigo, previa salatura a secco. Per circa una decina di giorni continuai a salare rivoltando la forma, cominciarono a formarsi le prime muffe e dovetti convincere mia moglie che la strada fosse quella giusta, voleva infatti buttare tutto via per paura che venisse contaminato tutto il cibo presente nel frigo. Ebbi fiducia in me stesso, andai avanti, il miracolo caseario stava per realizzarsi, lentamente, spora dopo spora, il mio formaggio si stava trasformando in gorgonzola! E gorgonzola fu...
Il mio gorgonzola |
La cremosità del mio gorgonzola |
giovedì 27 ottobre 2011
Stracchinando
Il mio mitico stracchino, notare la tipica forma... |
Ingredienti:
- 4 litri di latte fresco intero alta qualità
- 2 cucchiai di yogurt intero
- mezzo bicchiere di siero
- una versatina di caglio…
Dopo aver reperito tutto l’occorrente ho lasciato riposare il latte una mattina intera nel pentolone, dopo averlo stemperato a 36/37 gradi. Nel pomeriggio gli ho aggiunto lo yogurt ed il siero, ho mescolato energicamente, ho riscaldato ancora il latte riportandolo sempre a temperatura corporea e l’ho lasciato riposare fino all’ora di cena. A questo punto gli ho aggiunto il caglio, versandolo direttamente dalla boccettina, senza badare troppo al dosaggio. Una bella rimescolata, ancora una scaldatina e poi di nuovo a riposo per quaranta minuti. Il caglio ha fatto bene il suo lavoro, il latte si è coagulato per benino, formando una massa budinosa alquanto compatta. Ho preso un coltello a lama liscia ed ho rotto la cagliata a rombi grossi quanto lo schermo di un telefonino (non so perché mi è venuta questa similitudine ma secondo me è efficace…), poi l'ho lasciato ancora a riposare. Dopo circa una ventina di minuti ho riscaldato ancora, sempre intorno ai 37 gradi, ed ho finalmente cominciato a prelevare con uno scolino in ferro la cagliata, cercando di romperla il meno possibile. L’ho riposta nelle fascette in plastica reperite acquistando ricotta fresca, e l’ho lasciata scolare grossolanamente per un paio d’ore, poi, giunta l’ora di andare a nanna, ho messo ciascuna fascetta dentro un contenitore di plastica per fare in modo che il formaggio rimanesse a contatto con il siero espulso. Ho messo infine tutti i contenitori in frigo. Ho proceduto così per fare in modo che la cagliata, bagnata dal proprio siero, rimanesse morbida e umida. Se acquistiamo in effetti lo stracchino o lo squacquerone possiamo notare nella confezione una specie di acquetta, che altro non è che un residuo di siero. Il giorno seguente ho scolato per bene ciascun contenitore in plastica con dentro le fascette di formaggio ed ho accennato una spolverata di sale in superficie. In serata ho scolato ancora i contenitori, ho preparato una soluzione acquosa per la salamoia e vi ho immerso le fascette, tutto per circa un’oretta. La salamoia ha insaporito a dovere il formaggio, mantenendolo splendidamente morbido e cremoso. Il contatto prolungato con il proprio siero non ha generato alcun sapore sgradevole, determinando al contrario quel particolare retrogusto tipico dello stracchino. Ho letto che qualcuno aggiunge al latte un po’ di panna per aumentare la cremosità del composto, ma vi assicuro che procedendo come descritto la cremosità viene comunque assicurata. Ed infine l’assaggio: sono rimasto stupito, quasi commosso. Io ho fatto lo stracchino, e ora mi sento come il campione del mondo dei formaggificatori…
Disclaimer:
questa ricetta non vuole essere assolutamente una raccomandazione a produrre stracchino, ogni formaggificatore procederà autonomamente a produrre il proprio stracchino, sollevando il casaro sottoscritto da qualsiasi responsabilità circa la mancata caseificazione. Ogni processo di formaggificazione deve essere effettuato previa consultazione del casaro che risiede in ciascuno di voi.
mercoledì 5 ottobre 2011
Casari per caso
Domenica casalinga. Una quintalata di parenti sono venuti a farci visita ed io, dopo un lauto pasto consumato in compagnia, mi defilo, da buon casaro, per plasmare l’oro bianco che riposa in cucina, il latte. E lo faccio con particolare curiosità perché questa volta intendo utilizzare latte vaccino fresco parzialmente scremato con l’aggiunta di latte fresco di capra. Non seguo alcuna ricetta, e vado dritto per la strada che il mio istinto da formaggificatore mi mostra, la seguo e la percorro con convinzione ed entusiasmo, è sempre una festa quando formaggifico. Mentre preparo tutto disponendo il pentolone sul fuoco per stiepidire la materia prima e favorirne così una più rapida coagulazione, vengo distratto dai bambini urlatori, una speciale forma di umanoidi nani che hanno invaso la mia casa. Quest’oggi sono in tanti, davvero in tanti, e le loro urla festose (ma cosa avranno mai da festeggiare vista la crisi economica globale…) riempiono le pareti e si insinuano fin dentro il caglio, in frigo. Da buon casaro prendo respiro, chiedo loro di non urlare per non spaventare le proteine del latte altrimenti, intimidite, avrebbero potuto non coagularsi a dovere, ma loro niente, continuano giocosi a rincorrersi ed a urlare felici. Allora mi distraggo spesso per capire cosa stiano combinando, soprattutto quando dopo urla fameliche si susseguono silenzi inquietanti. Tutto nella norma, penso, sono bambini. Ma questa mia distrazione si rivela purtoppo fatale nella procedura di caseificazione. Dimentico il pentolone con il latte troppo tempo sul fuoco, il liquido si riscalda oltremodo. Spengo il fornello con sgomento e attendo speranzoso di non aver compromesso tutto il procedimento. Mi consolo pensando di non aver voluto comunque seguire una ricetta in particolare, e quindi spero di aver creato per sbaglio un grande formaggio. Dopo qualche minuto mi vedo costretto a rimuovere il velo di panna creatasi in superficie per effetto del calore, e quindi mi ritrovo con un latte parzialmente scremato che subisce l’ennesima scrematura. Attendo sempre fiducioso e quando la temperatura lo permette vi aggiungo il siero e qualche cucchiaio di yogurt intero. Attendo e attendo ancora. Dopo circa tre ore, quando i bambini urlatori sono oramai tornati nelle loro tane per riposare, mescolo il latte e vi aggiungo il caglio. Attendo ancora una ventina di minuti, e niente coaguli!!! Il peggior incubo di un casaro: la mancata coagulazione. Che fare? Buttare tutto e poi infliggere una punizione tremenda ai bambini urlatori, del tipo niente cartoni per tutta la vita? No, in fondo loro non hanno colpa, sono io che ho sbagliato distraendomi troppo spesso. Preso da un raptus aggiungo ancora un cucchiaino di caglio e accendo il fornello del gas. Rimescolo il latte sospirando e non appena sento il calore salire dal pentolone spengo il fornello, chiudo con un coperchio e attendo circa una mezz’ora. Quando riapro il coperchio, alla vista di quanto contenuto nella pentola, reagisco gridando al miracolo. Il latte ha assunto quella magica colorazione verdastra trasparente e sul fondo si intravede ammassata la cagliata. Coagulazione perfettamente riuscita. Rincuorato per il lieto evento mi accingo entusiasta a raccoglierla ed a riporla nella migliore fuscella a disposizione, quella a forma di formaggio per intenderci. Dopo una giornata di sgocciolatura procedo alla salatura a secco. Lascio riposare la forma ancora due giorni. Una meravigliosa puzza pervade la cucina, con grande soddisfazione di mia moglie. Mi convinco allora che un formaggio riuscito così bene, da un'improvvisazione, non può purtroppo riposare in pace per impuzzolirsi a dovere, pena crisi matrimoniale. Mi riempio un bicchiere di vino rosso e lo assaggio. Una sola parola: fantastico.
Ricetta: 4 litri latte fresco parzialmente scremato
1 litro di latte di capra fresco intero
2 cucchiai di yogurt intero
3 cucchiaini di caglio
1 bicchierino da caffè di siero
Procedimento: intrugliate, mescolate, improvvisate, distraetevi, provate e riprovate. Risultato assicurato. Divino.
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